Valfurva All You Can Ski

Tre Cime dei Forni

“Rambla pa’ aqui, rambla pa’ allà, esa es la Rumba de Barcelona!”

La notte tra venerdì 19 e sabato 20 febbraio ho fatto una gran bella dormita, sognando il mio primo concerto post era Covid: Manu Chao che ci faceva ballare in allegria “La rumba de Barcelona”. Che spensieratezza, che allegria!

Questo è molto strano, la notte prima di una gita un po’ impegnativa faccio sempre molta fatica a dormire. Invece questa volta solo spensieratezza e allegria, sentimenti che mi hanno accompagnato per tutta la giornata.

 

Ma partiamo dal principio.

Mercoledì, ore 03.00 del pomeriggio, vibra il cellulare, è Bani: “Sabato andiamo a fare le tre Cime dei Forni?” “Dajeeeeeeeeee sì!” rispondo senza pensarci neanche un secondo e con un entusiasmo che mi rende complicato concentrarmi sul lavoro.

Nei due giorni successivi ci scambiamo ancora qualche messaggio per definire dettagli, attrezzatura e percorso. Aumentano i particolari e con essi gli aspetti che dovrebbero sollecitare la mia ansia: sarà un lungo giro, dobbiamo farci tutta la strada dei Forni a piedi con sci nello zaino, picca, ramponi, caldo, non so se riusciremo. Eppure l’ansia continua a lasciare spazio all’entusiasmo, come quando si avvicina il giorno del concerto che aspetti da un anno, uno di quei concerti per cui chiusa la tab di ticketone apri Spotify e ti ripassi l’intera discografia perché pensi di non avere tempo per ricordarti tutte le canzoni.

E poi il grande giorno arriva.

 

Sabato 20 febbraio, ore 5.50 suona la sveglia. In un lampo sono in piedi e inizio a prepararmi la colazione. È ancora tutto buio, ma il mio corpo è già pronto. L’attrezzatura tecnica non è un pensiero, manca solo da sistemare la Sony e la GoPro, perché la gita va documentata, altrimenti poi chi la sente la “Signorina Guida”?

 

Alle 7.00 sono incredibilmente puntuale allo Stato Libero dei Forni. Un saluto veloce a Paki, e via si parte. In circa 50 minuti siamo al Rifugio Forni, minuti che passano senza rendermene conto, si chiacchiera un po’ di tutto e il tratto più “noioso” del giro è già un ricordo.

 

Primo cambio d’assetto, non sono neanche le 8.00, l’aria è calda, ci siamo solo noi. Che figata!

Per la prima volta in questo 2021 ci addentriamo in Val Cedec dove ad attenderci ci sono prima una splendida pernice bianca e poi l’eleganza del Gran Zebrù già illuminato da sole. Queste due apparizioni ci costringono a interrompere per qualche istante la marcia, che bellezza. È questa l’occasione per prendere gli occhiali da sole e dare un occhio alla cartina, da qui i giochi iniziano a farsi seri e intraprendiamo la vera ascesa verso il primo obiettivo di giornata: la cima del Forno Orientale.

 

Nonostante io abbia le gambe un po’ imballate riusciamo a procedere di buon passo grazie a Edo che imperterrito batte traccia. Non do cambi, sono circa le 10.00, il caldo diventa davvero molto forte e vado in ulteriore difficoltà. La testa però oggi è in stato di grazia, e si gode la giornata inebriata, come quando al concerto le birre in corpo cominciano ad essere qualcuna in più di un paio di medie. Quindi ringrazio Edo, procediamo e già pianifichiamo le prossime gite.

Poco dopo le 11.00 siamo in cima, per tutta la salita ho avuto talmente caldo che mi sentivo le chiappe andare a fuoco quindi mi idrato per bene. Il paesaggio è incantevole!

Guardo la cresta, cazzo se è affilata e incazzata. Che bomba! È incredibile, non vado in agitazione, mi dimentico di tutta la fatica fatta fino a quel momento e mi ritrovo con l’energia di chi è appena partito.

Da questo momento in avanti non ho più la minima percezione del tempo che passa e di quanta strada sto facendo. Il concerto è entrato nel vivo, si inizia a pogare sul serio!

 

Togliamo gli sci, infiliamo i ramponi, una foto a Edo e si parte. Sto vivendo un momento bellissimo: sono in montagna, sto uscendo dalla zona di comfort in maniera prepotente, e sono felice, sereno. Spensieratezza e Allegria! La cresta prevede qualche passaggio di roccia, qualche punto stretto dove le mie vertigini bussano alla porta, ma un respiro profondo e procedo deciso, fino quasi ad essere disinvolto (chiaramente la concentrazione è sempre al mille per cento). Edo ha le parole giuste per incitarmi e farmi i complimenti nei momenti più opportuni.

È questo che voglio fare in montagna: vedere posti magici, uscire dalla mia zona di comfort e condividere tutto questo con un amico, un bambino di 39 anni che guardandosi intorno non riesce a smettere di esclamare “mazza che bello oh!”.

 

Dall’inizio della cresta, fino a raggiungere l’ultima cima e poi nella sciata (tutto sommato goduriosa) sono costantemente immerso in un turbinio di emozioni magiche!

“Che figata! Che bello! Ma quanto me la sto godendo!” questo è il ritornello dell’ultima splendida canzone del concerto, che non era un concerto ma una super gita in montagna, ma alla fine è stato un po’ come ballare.

Giungiamo al Rifugio Stella Alpina, ultimo cambio d’assetto, un saluto e in quattro passi voliamo a Labbaita, dove una birra fresca e un ottimo piatto di pasta sono la cornice perfetta di un quadro che appenderò per sempre al muro dei miei ricordi più belli!

 

“Rambla pa’ aqui, rambla pa’ allà, esa es la Rumba de Barcelona!”

Chi andiamo a sentire nel prossimo concerto? Forse la Cima Gavia? Forse il Gran Zebrù? O magari la Cima Piazzi?

Non importa, basta essere inebriati e felici di ballare!

Gionata Girgi